Fisco, con la cedolare secca a Napoli fino a 1800 euro di risparmi

da IL MATTINO Economia del 13/10/18

L’introduzione nella legge di Bilancio della cedolare secca anche nel settore commerciale porterebbe risparmi fiscali medi annui per i locatori di negozi fino a 2.800 euro. È quanto emerge da un’analisi di Solo Affitti che nella simulazione ha ipotizzato un locatore medio, con un reddito lordo di 30.000 euro annui che non gode di alcuna detrazione particolare e che aggiunge a questo reddito da lavoro il reddito da locazione d.i un negozio di sua proprietà.

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A Milano, dove il canone di locazione medio dei negozi è di oltre 1.500 euro al mese, il risparmio fiscale medio annuo derivante dall’applicazione della cedolare secca sarebbe di 2.809 euro, quasi il 35% in più rispetto a Napoli (2.084 euro), dove però il canone di locazione degli esercizi commerciali è più basso (1.150 euro). Nella Capitale il risparmio fiscale medio ammonta a 1.800 euro: un valore più basso, in linea con il costo medio degli affitti, che mediamente non supera i mille euro (993 euro) a causa dell’incidenza delle ampie periferie di Roma sul calcolo della media degli affitti in città

 

Studenti fuori sede, in agosto parte la caccia all’affitto.

da Re²

Cittadella-universitaria-Palermo

Finalmente è tempo di vacanze e di dolce far niente. Ma non proprio da tutte le attività. Agosto è infatti il mese durante il quale si apre la caccia all’affitto di stanze e case per gli studenti fuori sede che da settembre rinizieranno l’Università. I motivi? Maggior scelta, le preferenze di studenti e famiglie cadono ovviamente nelle soluzioni a minor distanza dall’ateneo prescelto; e la speranza che, giocando un po’ d’anticipo, sia possibile spuntare i prezzi migliori, qualche sconto, o comunque accordi favorevoli.

Il mercato degli affitti agli studenti fuori sede è, per quanto riguarda il comparto residenziale, una nicchia particolarmente interessante, corposa e florida. Non a caso le grandi società immobiliari, comprese quelle internazionali, iniziano a investire bei soldi nel settore. Ovviamente nelle città dove il flusso di immigrati dell’istruzione è più potente.

Ma il grosso del mercato viene ancora coperto da seconde case e investimenti familiari, più che istituzionali. In tutto, ogni anno, più di 600mila giovani frequentano l’Università fuori sede. Un vero e proprio esercito in cerca di un alloggio, spesso in condivisione con amici e compagni di studi.

Per molti di essi, peraltro, si tratta di un passaggio verso l’età adulta. In tanti si trovano a vivere fuori dalle domestiche pareti familiari per la prima volta, senza mamma e papà pronti ad accorrere in soccorso del bimbo o della bimba di casa, con la necessità di incontrare e di scontrarsi con le prime difficoltà di organizzazione di vita e portafogli.

Usufrutto, bocciati gli atti unilaterali

dal SOLE24ORE 

Il diritto di usufrutto su un bene immobile non può ritenersi costituito mediante un atto unilaterale del proprietario, che riconosca l’altrui diritto di usufrutto, poiché, per costituire un diritto di usufrutto per atto tra vivi, occorre stipulare un apposito contratto in forma scritta. Tale atto unilaterale non può essere interpretato come un “contratto con obbligazioni del solo proponente”  (che è un contratto a formazione unilaterale, disciplinato dall’articolo 1333 del Codice civile).

Corte di Cassazione, Sez. 2 – , Sentenza n. 15997 del 18/06/2018

L’art. 1333 c.c. è applicabile anche ai contratti con effetti traslativi da una sola parte, purchè si tratti di attribuzioni traslative che non comportino alcun onere od obbligo a carico del beneficiario. La presenza di un pregiudizio anche solo potenziale – oneri di custodia, gestione o tributari – impone la necessaria accettazione del destinatario. (In applicazione dell’enunciato principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata nella parte in cui aveva riconosciuto l’applicabilità dell’art. 1333 c.c. anche se il diritto reale di usufrutto trasferito o costituito importava oneri ed obblighi per il beneficiario).

Usufrutto, il valore e l’estinzione

da Diritto.it

L’usufrutto viene definito un diritto reale, il titolare, chiamato usufruttuario, acquista il pieno godimento di un bene che formalmente resta di proprietà di un altro soggetto, che prende il nome di nudo proprietario. Al fine della costruzione di un usufrutto e della corrispondente nuda proprietà, il notaio è essenziale e necessario.
Per consentire il calcolo delle imposte da versare allo Stato in seguito alla costituzione o trasferimento di un usufrutto (imposta ipotecaria, catastale e di registro), esiste una tabella che consente di valorizzare questo diritto. Approvata con decreto ministeriale (D.M. 20.12.2017 pubblicato in G.U. n. 301 del 28.12.2017.2), e aggiornata annualmente, essa manifesta determinati coefficienti i quali, espressi in relazione all’età dell’usufruttuario, dovranno essere moltiplicati con la rendita annuale
dell’immobile, ottenuta dalla rendita catastale rivalutata del bene, moltiplicata per il tasso d’interesse legale, attualmente fissato nello 0,3 %, ottenendo in questo modo il valore dell’usufrutto.
L’usufruttuario che vorrebbe cedere al nudo proprietario il proprio diritto.
In relazione agli immobili, questo particolare diritto reale, vale a dire l’usufrutto, le quali caratteristiche svuotano di ogni facoltà l’ordinario diritto di proprietà (che per questa ragione viene definito “nudo”) si estingue, tra le varie possibilità, anche con la riunione dei due diritti (usufrutto e nuda proprietà) nella stessa persona. Questa situazione giuridica viene definita con il termine di confusione o consolidazione che, nel caso specifico preso in considerazione, è prevista dalla legge.
Se si punta il dito il nudo proprietario acquista il diritto di usufrutto, che estinguerà e la proprietà riacquisterà la sua integrale pienezza, in termini di facoltà e caratteristiche. Per eseguire la descritta operazione, sarà ovviamente necessario rivolgersi ad un notaio e quindi procedere con l’atto scritto e la successiva trascrizione nei registri immobiliari.

Tre strade differenti per gli affitti brevi nella dichiarazione dei redditi

dal SOLE 24 ORE

Le locazioni brevi entrano a pieno regime nei modelli dichiarativi 2018 con tutte le novità approvate nel 2017. Di fatto, i contribuenti si trovano di fronte a tre possibili percorsi dichiarativi:

  • le locazioni stipulate prima del 1° giugno 2017, che seguono le vecchie regole;
  • le locazioni brevi stipulate dal 1° giugno 2017 sottoposte a ritenuta da parte dell’intermediario;
  • le locazioni brevi non sottoposte a ritenuta.

La nuova disciplina è contenuta nell’articolo 4 del Dl 50/2017:

DECRETO-LEGGE 24 aprile 2017, n. 50

Art. 4

 

(Regime fiscale delle locazioni brevi)

1. Ai fini del presente articolo, si intendono per locazioni brevi i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni, ivi inclusi quelli che prevedono la prestazione dei servizi di fornitura di biancheria e di pulizia dei
locali, stipulati da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, direttamente o tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, anche attraverso la gestione di portali online.
2. A decorrere dal 1° giugno 2017, ai redditi derivanti dai contratti di locazione breve stipulati a partire da tale data si applicano le disposizioni relative alla cedolare secca di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, con l’aliquota del 21 per cento in caso di opzione.
3. Le disposizioni del comma 2 si applicano anche ai corrispettivi lordi derivanti dai contratti di sublocazione e dai contratti a titolo oneroso conclusi dal comodatario aventi ad oggetto il godimento dell’immobile a favore di terzi, stipulati alle condizioni
di cui al comma 1.
4. I soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, anche attraverso la gestione di portali on-line, mettendo in contatto persone in ricerca di un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da locare, trasmettono i dati relativi ai contratti di cui ai commi 1 e 3 conclusi per il loro tramite. L’omessa, incompleta o infedele comunicazione dei dati relativi ai contratti di cui al comma 1 e 3 è punita con la sanzione di cui all’articolo 11, comma 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471. La sanzione è ridotta alla metà se la trasmissione è effettuata entro i quindici giorni successivi alla scadenza, ovvero se, nel medesimo termine, è effettuata la trasmissione corretta dei dati.
5. Per assicurare il contrasto all’evasione fiscale, i soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, anche attraverso la gestione di portali on line, qualora incassino i canoni o i corrispettivi relativi ai contratti di cui ai commi 1 e 3, operano,
in qualità di sostituti d’imposta, una ritenuta del 21 per cento sull’ammontare dei canoni e corrispettivi all’atto dell’accredito e provvedono al relativo versamento con le modalità di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e alla relativa certificazione ai sensi dell’articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322. Nel caso in cui non sia esercitata l’opzione per l’applicazione del regime di cui al comma 2, la ritenuta si considera operata a titolo di acconto.
6. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, da emanarsi entro novanta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, sono stabilite le disposizioni di attuazione del presente articolo, incluse quelle relative alla trasmissione e conservazione
dei dati da parte dell’intermediario.
7. L’Agenzia delle entrate stipula, senza oneri a carico della stessa nè del bilancio dello Stato, convenzioni con i soggetti che utilizzano in Italia i marchi di portali di intermediazione on-line al fine di definire le modalità di collaborazione per il monitoraggio delle locazioni concluse attraverso l’intermediazione dei medesimi portali.

Dietro il boom degli affitti brevi: quanto rende il modello Airbnb

dal SOLE 24 ORE

I TREND DEL MOMENTO

Per qualcuno è diventata un’attività semi-professionale. Per altri è solo un modo di alleggerire il carico di imposte e spese legate alla casa, magari in attesa della vendita. Di certo, quello degli affitti brevi è uno dei trend più forti del momento sul mercato immobiliare. Tra opportunità di guadagno (a volte sovrastimate), proteste degli albergatori e interventi normativi da parte di Parlamento, Regioni e Comuni.

IL BOOM DI AIRBNB

Dietro il boom c’è internet, che facilita l’incontro tra domanda e offerta in un modo impensabile fino a pochi anni fa, unito all’aumento di abitazioni sfitte, inutilizzate o in vendita. Il portale Airbnb, ad esempio, ha visto crescere gli annunci pubblicati dagli 8.126 del 2011 ai 354mila dell’anno scorso; ancora più importante il trend di crescita rispetto al 2016: +53,9% su base annua.

UN FENOMENO SOTTOSTIMATO

Non ci sono dati ufficiali, ma a fronte dei 2,8 milioni di case affittate con contratti “lunghi”, è probabile che una parte non trascurabile dei 5,4 milioni di case che le Finanze classificano come «a disposizione» siano locate per brevi periodi nell’anno. Del resto, secondo l’Istat nel periodo 2010-16 gli arrivi nelle strutture alberghiere sono cresciuti del 13,7%, mentre in quelle extra-alberghiere l’aumento è stato del 37,3 per cento. E anche se in quest’ultima categoria sono compresi tra l’altro case vacanze, bed and breakfast e campeggi, la tendenza è evidente.

COME STIMARE IL RENDIMENTO

«C’è sicuramente interesse per gli affitti brevi, ma bisogna distinguere le diverse situazioni: in alcune zone non c’è richiesta da parte dei conduttori, in altre si punta su immobili urbani, in altre ancora sono stati valorizzati con questa formula immobili di pregio che rischiavano di restare inutilizzati», commenta Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia.

IL REBUS DEI RENDIMENTI

Spesso i proprietari sono in difficoltà nel capire quanto può rendere questa attività. «Gli incontri nelle nostre sedi territoriali sono molto partecipati – prosegue Spaziani Testa –. Arrivare a una stima del rendimento non è facile: si neutralizza il rischio di morosità dell’inquilino, ma bisogna ponderare con attenzione i periodi in cui l’immobile resta sfitto».

 

 

 

 

Perché acquistare casa oggi ?

Un fatto è certo: all’incremento della domanda non è corrisposto un aumento dei prezzi. Acquistando adesso approfittiamo delle quotazioni fortemente ridimensionate rispetto agli anni ante crisi. L’Osservatorio dell’Agenzia delle Entrate ha registrato da ottobre a dicembre del 2017, l’undicesimo trimestre consecutivo di crescita in termini di volumi, con un aumento superiore al 6% rispetto all’anno precedente. Ancora una volta gli immobili compresi tra 50 e 115 mq. rappresentano oltre la metà del mercato residenziale. Anche il mercato degli immobili di pregio  ha mostrato una maggiore dinamicità.

Il MUTUO

Sono circa 200.00 le famiglie italiane che hanno sottoscritto un mutuo impegnandosi a rimborsare il debito per un periodo che supera il ventennio. L’importo medio richiesto è superiore ai 120mila euro. Un importo di circa sei volte il reddito netto medio di un comune impiegato (20mila euro).   Oltre a prestare notevole attenzione al tasso anno di interesse effettivo globale (TAEG) – che comprende anche costi meno visibili – bisogna fare molta attenzione alle assicurazioni che propongono le banche per proteggersi da eventuali “infortuni” (perdita del posto di lavoro, grave malattia, decesso). In quale caso  questi contratti assicurativi sono risultati più cari rispetto a contratti analoghi  offerti da compagnie assicurative esterne. Normalmente una valida assicurazione  sul mutuo non dovrebbe eccedere il 3% del valore del prestito.

Inoltre bisogna sempre considerare il mutuo come un investimento attivo. Occorre sempre essere pronti a rinegoziarlo (con la propria banca)  o a fare una surroga (con alta banca).  In sintesi se si pone attenzione nella scelta del mutuo, nelle assicurazioni connesse e alle variabili che sorgono nel corso degli anni, su un mutuo di 120mila euro a 20 anni, si possono risparmiare circa 40mila euro tra interessi e spese  varie.

 

 

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Usufruttuario solidale con il nudo proprietario

Usufruttuario e nudo proprietario: chi paga le spese condominiali ? Il Tribunale di Milano, con la sentenza 843/2018, ha respinto le opposizioni a un decreto ingiuntivo proposte dal nudo proprietario e dalla titolare del diritto di abitazione avverso un decreto ingiuntivo che li condannava in via tra loro solidale al pagamento di spese condominiali.

In caso di morosità, l’usufrutttuario, al pari del nudo proprietario, può essere destinatario dell’azione di recupero del credito, consistente, solitamente, nella richiesta di decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo ex art. 63 disp. att. e trans. c.c.

In particolare, ai sensi della nuova formulazione dell’art. 67, disp. att. e trans. c.c. (per effetto della riforma del condominio ad opera della L. 220/2012), sarà possibile agire nei confronti di entrambi o di ciascuno, anche per l’intera somma, trattandosi di debitori solidali (v. art. 67, co.8, disp. att. e trans. c.c.); la novità contrasta con quello che era l’orientamento maggioritario e più recente, appunto contrario alla solidarietà passiva tra usufruttuario e nudo proprietario.

Fisco e Tasse

Locazione ad uso non abitativo

da AltalexPedia, voce agg. al 01/02/2018

Si ai canoni “a scaletta” se giustificati nel contratto

Il canone di locazione è liberamente determinabile dalle parti con modalità di aggiornamento condizionate dall’aumento dell’inflazione quindi dagli indici Istat. Tuttavia il tema della determinazione del canone locativo e della legittimità delle sue eventuali variazioni non può prescindere dalla distinzione tra la previsione contrattuale ab origine di canoni a misura crescente negli anni e variazioni in corso di rapporto del canone inizialmente pattuito. Dalla rigida posizione di totale chiusura che respingeva categoricamente sulla base dell’originaria formulazione dell’art. 32 la preordinazione contrattuale alla maggiorazione annuale del canone (in misura fissa o differenziata, a partire dal primo anno dalla stipula), l’interpretazione successiva ha ritenuto nulla una simile clausola, perché  tesa a eludere, a vantaggio del locatore, i limiti stabiliti dall’art. 32, a meno che le maggiorazioni non siano collegate sinallagmaticamente all’ampliamento della controprestazione. L’orientamento consolidatosi in quegli anni ha insistito quindi sulla legittimità ex artt. 32 e 79 sia della determinazione del canone in misura differenziata e crescente per frazioni successive di tempo nell’arco del rapporto, sia delle variazioni in aumento per eventi oggettivi predeterminati (del tutto diversi e indipendenti rispetto alle variazioni annue del potere d’acquisto della moneta), salvo che non costituisca un espediente diretto a neutralizzare gli effetti della svalutazione monetaria, visto il principio di libera determinazione del canone per le locazioni a uso non abitativo.

La conclusione cui si ora perviene ammette in sostanza il cd canone a scaletta nel rispetto di una ratio che vuole impedire nel tempo meccanismi di aumento progressivamente troppo onerosi per il conduttore. Così tra i percorsi contrattuali legittimamente esperibili e sempre rimessi al vaglio del giudice di merito vi è sicuramente la necessità di specificare i motivi di una diversa determinazione del canone nel corso del rapporto, solo se non risulti evidente la volontà per una libera contrattazione fin dalla stipula della locazione, senza alcun intento elusivo della tutela del contraente debole.

Nel Rogito gli estremi della sanatoria

da: IL SOLE 24 ORE di giovedì 4 gennaio 2018

Il contratto di vendita di un immobile è nullo non solo quando il bene è privo di concessione edilizia, ma anche se l’atto non riporta gli estremi di un’eventuale sanatoria rilasciata dal Comune. Lo afferma il Tribunale di Trento nella sentenza 901 del 15 settembre scorso. Con contratto del 2009 il dante causa delle attrici aveva acquistato un immobile per l’importo di 660 mila euro.

Di fatto l’art. 40, co. 2, L. 47/1985 espressamente cita: “Gli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali, esclusi quelli di costituzione, modificazione ed estinzione di diritti di garanzia o di servitù, relativi ad edifici o loro parti, sono nulli e non possono essere rogati se da essi non risultano, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria ai sensi dell’articolo 31 ovvero se agli stessi non viene allegata la copia per il richiedente della relativa domanda, munita degli estremi dell’avvenuta presentazione, ovvero copia autentica di uno degli esemplari della domanda medesima, munita degli estremi dell’avvenuta presentazione e non siano indicati gli estremi dell’avvenuto versamento delle prime due rate dell’oblazione di cui al sesto comma dell’articolo 35. Per le opere iniziate anteriormente al 1 settembre 1967, in luogo degli estremi della licenza edilizia può essere prodotta una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, rilasciata dal proprietario o altro avente titolo, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15, attestante che l’opera risulti iniziata in data anteriore al 1 settembre 1967.” (vedi Cass. 5 dicembre 2014 n. 25811, Rel. Triola  e Cass. 17 ottobre 2013 n. 23591 )

Quindi sussiste, oltre alla nullità di carattere formale, per gli atti di trasferimento di immobili da cui non risulti la regolarità urbanistica del bene o la pendenza del procedimento di sanatoria, anche la nullità di carattere “sostanziale” per gli atti di trasferimento di immobili comunque non in regola con la normativa urbanistica.

Sanatoria non citata nella vendita immobiliare: quali conseguenze ?

 

condono edilizio

Locazioni – La ripartizione delle spese

La ripartizione delle spese tra proprietari e inquilini è spesso fonte di contenziosi. Molteplici possono essere le cause di disaccordo: in primis la mancanza di manutenzione, l’esistenza di un difetto nascosto, l’aumento del canone di locazione, ecc.

E’ noto che l’importo del canone di locazione dipende anche dalle singole tipologie di contratto. Normalmente è deciso liberamente tra le parti sulla base dei prezzi di mercato, l’eccezione è costituita dai  contratti di tipo convenzionato (canone convenzionato, transitori e transitori per studenti).  Per tale tipologia di contratti, il canone non può infatti essere concordato liberamente, ma deve rientrare all’interno di alcune fasce previste nelle convenzioni locali.

Nelle locazioni abitative cosiddette libere, con durata di quattro anni più quattro (articolo 2, comma 1, legge 431/98), la materia delle spese ordinarie e straordinarie è rimessa alla libera determinazione delle parti. E così, per esempio, è legittimo prevedere – in un contratto di locazione – che le spese di manutenzione straordinaria siano per intero poste a carico del conduttore (Cassazione 3 settembre 2007, numero 18510). Allo stesso modo, è legittimo allegare al contratto una tabella sottoscritta dalle parti, da cui risulti quali spese competano al conduttore e quali al locatore.

L’importo del canone di locazione generalmente non varia nel tempo. Tuttavia può accadere che nel contratto di affitto si stabilisca fin da subito che questa cifra aumenti anno in anno.  Questo avviene spesso nel caso di contratti di locazione ad uso diverso dall’abitativo, dove il proprietario può concedere al conduttore di pagare, per i primi mesi o i primi anni, un importo più basso. Tale clausola è esplicitata all’interno del contratto. Se al contrario non viene specificata, il proprietario non può per legge aumentare il canone di locazione per esempio al terzo anno di affitto. Per aumentare il canone dovrà attendere la naturale scadenza del contratto, e proporre un nuovo contratto a nuove condizioni.

Locazione Contratti