#Imposta di registro: Responsabilità congiunta del notaio per gli atti espressi

L’obbligo di pagare l’imposta di registrazione sugli atti enunciati in un atto notarile attribuisce al notaio una responsabilità solidale con le parti coinvolte (Sentenza n. 14432 del 24 maggio 2023 della Corte di Cassazione).

Per quanto riguarda la responsabilità fiscale del notaio in relazione all’imposta di registrazione, non ci possono essere dubbi sul fatto che il professionista non sia estraneo al “presupposto” di tale imposta. È chiaro infatti che tale presupposto si riferisce alle persone che si rivolgono al notaio per richiederne i servizi professionali, in quanto sono le “parti” coinvolte negli atti notarili richiesti e quindi le uniche a essere considerate “soggetti passivi” dell’imposta stessa.

Al notaio viene invece attribuita la qualifica di “responsabile dell’imposta”, assumendo la posizione di colui che, in base alle disposizioni di legge, è obbligato a pagare l’imposta insieme ad altri soggetti, per fatti o situazioni che riguardano esclusivamente questi ultimi. Tale posizione giuridica passiva trova fondamento nella garanzia della pubblica funzione dei notai, che include anche il diretto adempimento degli obblighi fiscali derivanti dall’esercizio di tale funzione.

A tale scopo specifico, l’articolo 57 del Testo Unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro prevede che, oltre ai pubblici ufficiali che hanno redatto, ricevuto o autenticato l’atto, e ai soggetti per conto dei quali è stata richiesta la registrazione, le parti contraenti siano solidalmente obbligate al pagamento dell’imposta. La responsabilità dei pubblici ufficiali non si estende al pagamento delle imposte complementari e suppletive.

Quindi, vi è una responsabilità solidale tra le parti e il notaio, in quanto il notaio è un pubblico ufficiale che agisce come “garante ex lege”, riguardo agli atti che ha redatto, ricevuto o autenticato, ma tale responsabilità è limitata all’imposta principale, escludendo espressamente l’imposta complementare e suppletiva.

Questa suddivisione tipologica dell’imposta di registrazione è stabilita dall’articolo 42, comma 1, del Testo Unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, che stabilisce che “l’imposta applicata al momento della registrazione e quella richiesta dall’ufficio per correggere errori o omissioni effettuati in sede di autoliquidazione nei casi di presentazione della richiesta di registrazione per via telematica è considerata principale; l’imposta applicata successivamente per correggere errori o omissioni dell’ufficio è considerata suppletiva; l’imposta applicata in ogni altro caso è considerata complementare”.

Oltre a queste disposizioni legislative generali, nel caso specifico è rilevante anche l’articolo 22 del Testo Unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, il quale stabilisce quanto segue:

“Se un atto contiene disposizioni provenienti da atti scritti o contratti verbali non registrati tra le stesse parti coinvolte nell’atto contenente l’enunciazione, l’imposta si applica anche a tali disposizioni. Se l’atto enunciato era soggetto a registrazione entro un termine fisso, è dovuta anche una sanzione pecuniaria ai sensi dell’articolo 69”.

L’enunciazione di contratti verbali non soggetti a registrazione entro un termine fisso non comporta l’applicazione dell’imposta quando gli effetti delle disposizioni enunciate sono già cessati o cessano a causa dell’atto che contiene l’enunciazione”.

Calo #compravendite immobili nel 2023

Nel corso del 2023, si è registrato un declino delle compravendite di immobili residenziali in Italia. Secondo le ultime informazioni provenienti dalle statistiche regionali dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare (OMI), nel primo quadrimestre del 2023 si è registrato un calo del 2,1% rispetto alla fine dell’anno precedente. L’associazione Fimaa-Confcommercio ha inoltre confermato che le compravendite di immobili residenziali in Italia stanno diminuendo e si prevede che si stabilizzeranno sui livelli registrati alla fine del 2022, con una diminuzione del 2,1%.

Secondo un articolo pubblicato su Immobiliovunque.it, diversi fattori contribuiscono a questa situazione, tra cui la crisi economica, la disoccupazione e la presenza di una bolla immobiliare. Inoltre, si è osservato un calo dei prestiti bancari rivolti alle persone fisiche, mentre il numero di nuove costruzioni è inferiore rispetto agli anni precedenti.

Un altro elemento che evidenzia la situazione di declino è l’ultimo barometro Crif (Centrale Rischi di Intermediazione Finanziaria), che segnala una diminuzione del 25,3% dei nuovi mutui rispetto all’anno precedente. Questo tracollo è attribuibile all’aumento dei tassi di interesse stabiliti dalla Banca Centrale Europea, che rende i finanziamenti sempre più costosi e quindi meno attraenti per i potenziali acquirenti.

Questi fattori combinati stanno influenzando negativamente il settore immobiliare in Italia, portando a una diminuzione delle compravendite di immobili residenziali e a una riduzione dell’attività nel mercato immobiliare nel 2023.

LA BCE ALZA ANCORA I TASSI

La stretta della Banca Centrale Europea (BCE) ha portato a un aumento significativo delle rate dei mutui nel giro di un anno.

La rata per un mutuo standard, che nel gennaio 2022 era inferiore a 500 euro, si prevede salirà a circa 800 euro entro novembre 2023.

La BCE continua ad aumentare i tassi di interesse. Questo ciclo di aumenti dei tassi è iniziato a luglio dell’anno scorso. In undici mesi, la BCE ha aumentato il costo del denaro di 400 punti base, una rapidità mai vista nei 22 anni di storia dell’Eurozona. Ciò rappresenta un duro colpo per coloro che stanno rimborsando un mutuo a tasso variabile.

Si prevede che la rata di un mutuo standard, da gennaio 2022, con una scadenza di 25 anni, entro novembre, avrà un aumento superiore al 60%.

Purtroppo l’inflazione “base”, cioè quella al netto dei costi energetici e alimentari, si attesta al 5,3%. Questo è ancora troppo elevato.

La politica economica e monetaria suggerisce che se una banca centrale vuole combattere l’inflazione, deve posizionare i tassi di interesse al di sopra dell’inflazione “base”.

Per i mutuatari a tasso variabile, sempre che l’inflazione non porti ulteriori sorprese,  a fine anno potrebbe iniziare un periodo migliore.